Oratore e letterato latino. Di famiglia agiata, figlio di L. Cecilio Cilone e
nipote di Plinio il Vecchio, compì gli studi a Roma alla scuola di
Quintiliano e di altri retori di indirizzo asiano. Fu condiscepolo di Tacito, al
quale lo legò una salda amicizia per tutta la vita, e frequentò
gli ambienti più elevati della capitale. Alla morte dello zio
nell'eruzione del Vesuvio del 79, risultò nel testamento suo figlio
adottivo e assunse il nome di C. Plinio Cecilio Secondo. La sua carriera
politica cominciò sotto Domiziano: nel 91 ebbe la questura, nel 92 il
tribunato della plebe, nel 95 la pretura. In seguito si giustificò
dall'aver compiuto il
cursus honorum sotto Domiziano adducendo una sua
pretesa estraneità all'intolleranza dell'imperatore. Nel 100, dopo aver
difeso con Tacito gli interessi degli Africani contro il proconsole M. Prisco,
fu nominato da Traiano
consul suffectus; in tale occasione compose il
Panegirico a Traiano, un'orazione di ringraziamento che si risolve in
un'ininterrotta celebrazione della moderazione, della modestia, della
liberalità e delle virtù politico-militari dell'imperatore. Si
tratta di un importante documento che illumina sull'atteggiamento politico di
Traiano nei confronti dell'aristocrazia da lui apparentemente blandita e
rispettata nelle sue forme, in realtà soggetta all'autorità
assoluta di una Monarchia di tipo paternalistico. Dal punto di vista letterario
il
Panegirico, che inaugura il nuovo genere dell'elogio dell'imperatore
in vita, rivela i caratteri dello stile di
P.: urbanità ed
eleganza, aliena sia dalla magniloquenza ciceroniana sia dal pathos
dell'oratoria asiana. Delle altre sue opere restano dieci libri di
Epistole: nove costituiti da lettere ad amici, il decimo contenente la
corrispondenza con Traiano durante il proconsolato in Bitinia che
P.
ricoprì dal 111 al 113. Il
corpus dei nove libri fu pubblicato
dallo stesso
P. e rivela il suo carattere di letterato mite, dotato di
uno stile elegante e scorrevole, ma privo di tensione e spessore. Il suo
carteggio con Traiano è un importante documento di amministrazione
provinciale e una testimonianza sulla persecuzione anticristiana
dell'imperatore: famosa è la lettera (X, 96) in cui
P. chiede a
Traiano se i cristiani debbano essere puniti in quanto tali oppure solo se
colpevoli di reati specifici.
P. condusse una vita agiata e tranquilla,
risiedendo spesso nelle sue ville sul Lago di Como da lui chiamate con il nome
di Tragedia e Commedia. Nel complesso
P. incarna il tipico rappresentante
del conformismo letterario e politico dell'epoca (62-114 circa).